È molto più di uno strumento musicale: è il segno dell’Utopia, un invito a non limitare i desideri, uno sprone a realizzare più di quanto sembra possibile. In occasione del decennale dello strumento voluto da mons Luigi Bardotti per completare il recupero della duecentesca chiesa di San Domenico, è stato il prefetto Giuseppina Reggiani a indicare cosa l’organo Dom Bedos Roubo testimonia nella nostra realtà.
Poche parole di saluto anticipate da quelle di mons Luigi Aquilini, attuale rettore della chiesa e presidente del Comitato San Domenico, affiancate da quelle del vicepresidente della Fondazione Varrone, Roberto Lorenzetti.
Poi il concerto, introdotto dal manutentore dello strumento: Filippo Tigli. Non ha potuto essere presente Marc Pinardel, organista del debutto dello strumento, avvenuto nel giorno dell’Immacolata del 2008, alla presenza dell’allora Segretario di Stato, cardinale Tarcisio Bertone. Le cinque tastiere del Dom Bedos sono allora state affidate ad un altro valente organista: Frèdrèric Deschamps. Ed è stato tutt’altro che un ripiego: il musicista è infatti titolare del grande organo storico Christophe Moucherel (1736, della cattedrale Sainte-Cécile, considerato come uno dei più grandi organi barocchi dell’Europa), e anche del grande organo sinfonico Maurice Puget (1930), della collegiale Saint-Salvi ad Albi.
Uno specialista, dunque, degli strumenti e del repertorio dell’epoca barocca, che ha incantato il pubblico presente riempiendo la grande aula di San Domenico dei suoni ora leggeri, ora potenti e pieni di Claude Balbastre, Louis-Claude D’Aquin, di Johann Sebastian Bach.
«Una musica – amava ricordare mons Bardotti – che lascia intuire qualcosa di Dio». E al parroco di Santa Lucia, scomparso nel 2016, è tornato più volte il pensiero durante il concerto. È stato lui l’uomo dell’Utopia realizzata alla quale si riferiva la dottoressa Reggiani. Lo ha ricordato in chiusura anche il vescovo Domenico, spiegando che in una città come la nostra, che troppo spesso si arrende ai dati di fatto, è quanto mai utile la sua «audacia visionaria», la sua forza di «credere in ciò che sembra umanamente impossibile».
Perché dimostra che con uno «sguardo lungimirante» e con il «coraggio che nasce dalla fede» si può andare oltre quelli che sembrano vincoli insuperabili. Oltre che alla memoria di don Luigi, il ringraziamento è andato al Comitato San Domenico, che non ha lasciato da solo il sacerdote, ma ne ha condiviso l’avventura. E dopo aver nominato uno ad uno i membri dell’associazione, dal vescovo Domenico è arrivato un auspicio.
Perché il concerto del decennale, caduto nel giorno dell’Immacolata Concezione, può essere letto come un vero e proprio “concerto d’Avvento”: una tradizione molto più diffusa nel mondo protestante, che dovrebbe essere accolta anche dalle nostre parti. «È un impegno che come Chiesa vorremmo continuare a condividere con tutti», ha detto mons Pompili, annunciando «una nuova stagione, in continuità con la visione di mons Bardotti». Il desiderio del vescovo, annunciato fin dal momento della riapertura dopo la pausa precauzionale seguita al sisma, è che si «possa rendere questa chiesa uno spazio aperto alla musica d’organo, ma anche ad altre forme di espressione artistica».
«In questo modo – ha concluso don Domenico – questa chiesa, che fu eretta in pieno medioevo, in un luogo di passaggio, tornerà ad essere un luogo di incontro, in cui la musica ci aiuta a tornare alle questioni fondamentali, che sono l’amore, la morte, il divino».
La direzione è tracciata: a tutti «gli uomini e le donne di buona volontà» il compito di mettersi in marcia per continuare a spostare in avanti il limite del possibile, a dimostrare possibile l’utopia.